Il film Roma città aperta, è un film del 1945 di genere drammatico, diretto da Roberto Rossellini, interpretato da Anna Magnani, Marcello Pagliero, Aldo Fabrizi.
Tra le curiosità di questo film, è che le riprese si sono svolte tra il 1944 e 1945 in Italia, mentre nelle sale italiane il film è uscito il 27 settembre 1945.
La storia si svolge durante l’occupazione nazista di Roma e segue le vicende di Giorgio Manfredi, un ingegnere in contatto con la Resistenza. Dopo aver evitato una perquisizione nel suo appartamento, Manfredi riesce a trovare rifugio presso la casa di un amico.
Nel frattempo, Don Pietro, un parroco che si oppone nella lotta contro i nazisti, supporta Giorgio nei suoi sforzi con la Resistenza. Tuttavia, la loro causa subisce un duro colpo quando vengono traditi da un’attrice che aveva avuto una relazione con Manfredi. Catturati dai nazisti e sottoposti a torture per rivelare alcune informazioni, entrambi riescono a resistere dimostrando di avere un grande coraggio. Ma sfortunatamente Manfredi muore sotto tortura, mentre Don Pietro viene fucilato.
In questo articolo abbiamo raccolto l’elenco delle frasi del film Roma città aperta e alcune citazioni famose.
Frasi Celebri dal film Roma Città aperta
“Roma città aperta” (1945) – Regia di Roberto Rossellini
1. Finirà, Pina, finirà. E tornerà pure la primavera. E sarà più bella delle altre, perché saremo liberi. […] Noi lottiamo per una cosa che deve venire, e non può non venire. (Francesco)
2. Francesco! Francesco! Lasciatemi… (Pina) [ultime parole]
3. Non è difficile morire bene. Difficile è vivere bene. (Don Pietro)
4. Don Pietro Pellegrini : Dio, perdona loro… [ultime parole]
Citazioni su Roma città aperta
- La storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta. (Otto Preminger)
- Girato tra difficoltà economiche e organizzative di ogni genere, il film impose in tutto il mondo una visione e rappresentazione delle cose vera e nuova, cui la critica avrebbe dato poco più tardi il nome di neorealismo. Specchio di una realtà come colta nel suo farsi, appare oggi come un’opera ibrida in cui il nuovo convive col vecchio, i grandi lampi di verità con momenti di maniera romanzesca, in bilico tra lirismo epico e retorica populista. La stessa lotta antifascista è raccontata ponendo l’accento sul piano morale più che su quello politico, il che non gli impedì di essere il film giusto al momento giusto e di indicare attraverso le figure del comunista e del prete di borgata il tema politico centrale dell’Italia nel dopoguerra. (il Morandini)
- Roma era appena stata liberata e Roberto Rossellini diresse questo film con pochi mezzi. Il regista perfezionava il neorealismo, quel modo di narrare che doveva essere tanto vicino alla realtà da confondersi con essa. Nei contenuti e nelle immagini. I tedeschi che radunano i prigionieri, spingendoli coi fucili, la gente per strada, i gruppi di bambini, la scena della morte della Magnani sembrano istantanee della guerra. La drammaticità, la verità della ricostruzione hanno l’effetto di rilanciare il dramma e il coinvolgimento. Da questo film usciva un’immagine del popolo italiano ben diversa da quella accreditata fino ad allora: gente passiva, capace soltanto di obbedire allo scomodissimo alleato tedesco e di tradirlo al momento opportuno. (il Farinotti)
- Commovente ancora a distanza di anni, il film reagisce con il suo stile semplice e diretto alla retorica di tanti anni di fascismo. (Il Mereghetti)