Frasi celebri del film Il Giardino dei Finzi Contini

L’ombra del fascismo si allunga minacciosa sull’Italia e sull’Europa, preannunciando un periodo di violenza e di persecuzioni che segnerà profondamente il XX secolo.

In questo contesto storico drammatico e carico di tensione si svolge la vicenda narrata in “Il giardino dei Finzi-Contini”, un film che, attraverso la storia di una ricca famiglia ebraica ferrarese, racconta la progressiva esclusione e persecuzione di un’intera minoranza, anticipando gli orrori delle leggi razziali e della Shoah. Le parole, in questo contesto storico così delicato, diventano ancora più importanti, assumendo il valore di testimonianza di un mondo che sta per essere spazzato via dalla follia della guerra e dell’odio razziale.

In questo articolo abbiamo raccolto alcune delle frasi più emblematiche del film, per riflettere sul significato profondo di questa storia e sulla sua tragica attualità.

Scheda tecnica

  • Titolo: Il giardino dei Finzi-Contini
  • Anno di Uscita: 1970
  • Regia: Vittorio De Sica
  • Soggetto: Tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani
  • Sceneggiatura: Vittorio Bonicelli, Ugo Pirro, Valerio Zurlini
  • Produzione: Documento Film, CCC Filmkunst
  • Distribuzione: Warner Bros. Pictures
  • Fotografia: Ennio Guarnieri
  • Montaggio: Nino Baragli
  • Musiche: Manuel De Sica
  • Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni
  • Costumi: Vera Marzot
  • Genere: Drammatico, Storico
  • Durata: 95 minuti
  • Paese di Produzione: Italia, Germania Ovest (coproduzione)
  • Lingua Originale: Italiano
  • Formato: Colore

Cast Principale:

  • Dominique Sanda: Micol Finzi-Contini
  • Lino Capolicchio: Giorgio
  • Helmut Berger: Alberto Finzi-Contini
  • Fabio Testi: Malnate
  • Romolo Valli: Padre di Giorgio
  • Camillo Giuliani: Padre di Micol e Alberto

Frasi celebri

  • Il padre di Giorgio: per capire come vanno le cose del mondo bisogna morire almeno una volta nella vita ed è meglio che succeda da giovani.
  • Giampiero: la trovo una città viva. C’è tanta gente interessante. Soprattutto nel proletariato nel cosiddetto ceto operaio. La borghesia non credo molto, mi sa che più o meno sia tutta quanta fascista. Tranne voi ebrei, si capisce.
  • Alberto: lo so a cosa pensi… pensi che mi manca la gioia di vivere. Ma chi… chi me la può dare?
  • Micol: da bambini si è sempre un po’ prigionieri dei grandi.
  • Micol: l’amore è roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda. Ma noi così come siamo, simili in tutto come due gocce d’acqua, potremo mai sopraffarci? Io e te? Noi due? Sbranarci? No. Fare l’amore con te sarebbe come farlo con un fratello. Ecco con Alberto. Io e te non siamo della gente normale. Però noi due più che il possesso delle cose, quello che conta, è come dire… bisogna ricordarsi delle cose, le memorie delle cose.
  • Padre di Giorgio: nella vita, se uno vuol capire, capire veramente come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, meglio morire da giovani, quando uno ha tanto tempo davanti a sé, per tirarsi su e resuscitare. Capire da vecchi è molto più brutto, sai? Come si fa? Non c’è mica il tempo per ricominciare da zero. E la nostra generazione ne ha prese talmente tante di cantonate, sai?
  • Padre di Giorgio: Devi ammetterlo, non è che le cose qui da noi vadano poi tanto male. D’accordo, niente matrimoni misti. Ma questo d’altronde non è che… niente nomi sul libro del telefono. Niente scuole, e questo sì, lo ammetto, è grave. Niente servizio militare e anche questo è grave, se permetti. Niente annunci funebri sui giornali. Adesso, niente donne di servizio. Ma per il resto, devi riconoscerlo, uno può vivere, circolare, sedere. Insomma, un cittadino.
    Giorgio: Di serie C.
    Padre di Giorgio: Di serie C, se vuoi, ma sempre un cittadino che può godere dei diritti fondamentali.
    Giorgio: Quali? Ce ne sono sempre stati pochi di diritti. E pochi per tutti. Quello che si può dire è che non siamo stati i primi ad essere perseguitati. Ecco, questo sì. Ma siamo stati zitti, quando non toccava a noi.
  • Alberto: Però è stato bello oggi.
    Micol: Sì, sì ma in fondo era più bello quando eravamo soli.
  • Micol: Innanzitutto, lei è troppo sincero. E quindi, inevitabilmente… come dire…
    Giampiero: Maleducato.
  • Giampiero: Ma tu non esci mai da qui?
    Alberto: No, io non esco mai, e poi per andare dove? Se uno potesse scegliersi le facce che deve incontrare per la strada allora sì ma io invece ogni volta che sono uscito mi sono sentito spiato, invidiato.
    Giampiero: Invece qui le facce le scegli te.
  • Ernesto: Ma vuoi proprio tornare?
    Giorgio: Sì, sono legato a troppe cose. Non posso portarle tutte dietro.
  • Giampiero Malnate : [Ferrara] La trovo una città viva. C’è tanta gente interessante. Soprattutto nel proletariato nel cosiddetto ceto operaio. La borghesia non credo molto, mi sa che più o meno sia tutta quanta fascista. Tranne voi ebrei, si capisce.

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